Festa Di Morte (A Feast Unknown, 1969) by Philip José Farmer

autore:Philip José Farmer [Farmer, Philip José]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-10-10T16:00:00+00:00

25

L’entrata era scavata nella roccia, a forma di delta, e larga appena da lasciar passare una persona per volta. Per me si trattava di un passaggio angusto.

La caverna era ben illuminata soltanto nella parte centrale. Per il resto, vi era una penombra cupa per un raggio di pochi metri a cui seguiva l’oscurità. Il grezzo pavimento di granito scivolava dalle pareti fino al centro; qui, al fondo, si trovava un laghetto di acqua buia nel cui centro stava un cono tronco composto di ceppi di quercia e travi appena squadrate. Su quell’isolotto, che si sollevava dall’acqua per tre metri e mezzo, era stata posta una tavola circolare di quercia, ad anello. All’interno dell’anello, vi erano nove sedie di quercia e frassino dalle alte spalliere complessamente intagliate. I Nove entravano attraverso una botola posta nel mezzo del cono di legno.

Il soffitto era immerso nel buio a eccezione del centro, dove nove massicce stalattiti cristalline pendevano, come rilucenti impiccati, dalle tenebre del soffitto. La luce proveniva da nove torce gigantesche di legno e resina che si protendevano da pilastri mobili di pietra sistemati sopra i bordi della piattaforma.

Noi, esseri inferiori, restavamo sulla discesa per tutta la durata della cerimonia: non c’erano sedie per noi. Regnava il silenzio, a eccezione degli inevitabili tossicchiamenti causati dal nervosismo, non da infreddature, poiché coloro che bevevano l’elisir erano al sicuro da malattie fisiche. Non ci era permesso di parlare salvo che per rispondere ai Nove.

Dopo un lungo tempo, il Nunzio entrò attraverso l’apertura nel centro dell’isolotto e si pose a un lato della fila di sedie, inclinando verso l’esterno la sua asta con l’ansa e l’hannunvaakuna.

Lentamente, uno ad uno, i Nove apparvero attraverso la botola e presero posto sulle sedie loro assegnate. L’ultimo ad apparire fu il più importante, la vecchia Anana.

C’erano soltanto otto dei Nove. La sedia alla destra di Anana era vuota; apparteneva al gigantesco uomo dalla barba bianca che portava un camauro con un doppia testa di corvo e una benda nera sopra un occhio attivo. Lo conoscevamo soltanto come XauXaz.

Gli otto erano abbigliati con le loro tuniche monacali, ma i cappucci pendevano sulle loro schiene: tutti portavano il camauro. Quello di Anana era con la testa di un cinghiale femmina, gli altri inalberavano la testa di un orso, di un lupo, di una iena, di un ariete, di un giaguaro, di un tasso e di un alce.

Anana stette a osservarci per un lungo periodo. Le ero stato vicino più volte, così sapevo che sembrava avesse centoventicinque anni e che tenesse lontana la Morte soltanto spaventandola. Avevo ragione di credere che avesse raggiunto i trentamila anni.

Finalmente, ella fece un cenno al Nunzio. Egli si diresse alla sedia vuota accanto a lei e ne sollevò qualcosa che le tenebre avevano nascosto. Era il camauro di XauXaz con le due teste di corvo. Lo depose sulla tavola di fronte alla sedia e picchiò sonoramente per nove volte sul pavimento di quercia la punta della sua asta.

Declamò in inglese con voce sonora che riecheggiò nelle tenebre.

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